Castrovillari
Lions Club Castrovillari
Fotografie: Associazione socio-culturale Mystica Calabria di Castrovillari – Presidente Prof.ssa Ines Ferrante
La via consolare romana Popilia - Annia, collegando Capua a Reggio Calabria, è stata un importante asse viario per il territorio meridionale e in particolare per la Calabria considerando l'imponente catena montuosa del massiccio del Pollino che barrica da nord la regione. Le ipotesi archeologiche propendono sul fatto che l'unica possibilità di accesso al territorio era offerta dal valico di Campotenese che era al tempo stesso il più alto valico da superare con i suoi 1.081 m in corrispondenza del Colle di S. Martino (bivio per il piano di Ruggio); detta quota è riferita alla via che da Campotenese si raccorda con Rotonda, tracciato pressochè corrispondente alla vecchia via di età “napoleonica” realizzata da Gioacchino Murat e risalente al “Decennio Francese” (1806-1815) e alla Popilia-Annia.
La strada di età “napoleonica” corrispondente alla via romana comprende, secondo l'ipotesi più accreditata, il vecchio tracciato della “Dirupata”: superato il valico di Campotenese alla quota 1.081m (bivio per il piano di Ruggio) la via doveva scendere senza difficoltà, deviando a sinistra in località Taverna (attuale svincolo autostradale) fino ad intercettare la “Fontana dello scannato” per poi immettersi nella “Valle dell’Ospedaletto” in località le Teste (attuale galleria di Campotenese) e, quindi, attraversare il “Vallone S. Paolo” e la cosiddetta Dirupata fino ad arrivare all’omonima “Contrada S. Paolo” nei pressi di Morano Calabro per poi continuare, aggirando il monte sant' Angelo, a Castrovillari fino al tratto pianeggiante Celimarro-Cammarata, dove è da localizzare la statio Interamnium. Il tracciato viario proseguiva poi in direzione di Cosenza. Nella Petrosa di Castrovillari, precisamente in località Fauciglia, un diverticolo che seguiva la valle del Raganello, doveva congiungere il tracciato della Popilia-Annia con la strada costiera jonica.
La via Popilia - Annia costituì un'importante arteria di collegamento anche in epoca medievale.
Mentre i Greci furono dei grandi architetti, i Romani furono dei grandi ingegneri e applicarono le loro capacità tecniche alla realizzazione di numerose costruzioni dalle molteplici tipologie, non limitandosi alla sola architettura ma realizzando le prime grandi infrastrutture del territorio, ovvero le strade, gli acquedotti e le fogne. I Romani sapevano che difendere un territorio appena conquistato era un’impresa particolarmente difficile ed impegnativa e perciò in genere favorivano gli insediamenti di popolazioni indigene amiche o di cittadini romani come per esempio gli ex-legionari. La realizzazione di tali insediamenti richiedeva necessariamente la costruzione di nuove vie di comunicazione. Le prime strade romane nacquero per necessità militari e di collegamento con le colonie, ad esempio il tracciato della via Appia si sviluppò per consentire il controllo militare del territorio e per facilitare lo spostamento dell’esercito durante la conquista dell’Italia meridionale. In epoca repubblicana la costruzione della rete viaria fu affidata ai consoli e ai pretori, mentre la cura delle strade provinciali rientrava nei compiti del governatore.
Le strade erano costruite secondo un preciso criterio: uno strato più profondo “statumen” di sassi e argilla;un secondo strato “rudus” fatto di pietre, mattoni rotti, sabbia tutti impastati con calce; un terzo strato “nucleus” di pietrisco e ghiaia livellata con battipali e rulli rendendo il dorso leggermente arcuato(a schiena d’asino);così come la copertura “summa crusta” di lastre levigate di pietra che combaciavano le une sulle altre appoggiate sul “nucleus”.
In questo modo le acque piovane defluivano nelle cunette poste ai lati della carreggiata. Poiché erano costruiti a strati presero il nome di “viae stratae” da cui il termine italiano strada. Una volta individuato il tracciato, toccava ai gromatici stabilire i punti precisi su cui passare per la costruzione della strada ed usavano dei pali e la groma per tracciare angoli retti. La linea dei pali infissi nel terreno veniva chiamata rigor, perché da seguire rigorosamente. A questo punto sopraggiungevano i libratores che con aratri ed aiutati dai legionari con le spade scavavano il terreno fino allo strato di roccia o fino allo strato solido. La profondità di questa fossa variava da terreno a terreno che massimo poteva raggiungere i 2 metri di profondità ma in genere andava dai 60 cm ad 1 metro. La larghezza di ogni strada consolare era in media di circa 5 metri in modo tale che potessero affiancarsi senza danni due carri. Le fondazioni delle strade romane erano particolarmente solide e spesse, formate da pietre di media e grossa taglia per evitare lo sprofondamento delle stesse.
Naturalmente i Romani non realizzavano solo strade in piano, ma anche in elevazione, in cunicoli e realizzavano ponti per attraversare i fiumi. Probabilmente l’unica certezza che la via pedemontana, individuata nel territorio di Cicciano in località “Santa Maria degli Angeli”, possa essere una variante di via Popilia, sarà data da un’analisi delle fondazioni, in quanto le fondazioni romane sono molto accurate e specifiche. La via pedemontana individuata non ha uno strato superiore di basolato, tipico delle strade romane ed è parzialmente sorretta da una muratura di tufo “opus quadratum”, da verificarne il periodo, per cui si ribadisce che solo dei saggi in fondazione potranno determinare con certezza l’anno di costruzione.